Non abbiamo né spazio né tempo


Non abbiamo più tempo Foster. Lo abbiamo perso tutto assieme allo spazio, alla vita che è andata storta, che ha preso una brutta piega e non abbiamo saputo stirarla neanche con un ferro da stiro quantistico.

Coleman ripete: “Il tempo non esiste, lo spazio non esiste, è solo una percezione, non esiste!”.

Le foglie di un albero svolazzano tra le pieghe dell’aria come in un dondolio cadendo fino a terra, piegate dalla forza di gravità e da quella del vento e del tempo che passa. “Il tempo non esiste, il tempo non esiste”. Ripete Coleman. 

“E’ l’ambiente che ci comprime e ci dilata. Viviamo in una allucinazione stroboscopica provocata da un unico punto dell’intero universo. Tutto è creato da quel punto, gli altri milioni di universi e i nostri stessi corpi. Nello spazio non esiste la luce, siamo noi che abbiamo la capacità di percepirla attraverso il nostro cervello, ma in realtà non esiste. E’ una proiezione di quell’unico punto, un ologramma infinito, come una luce che si riflette prima su una pietra levigata e poi su miliardi e miliardi di altre senza interruzioni, fino a creare qualunque cosa così come la vediamo, come riusciamo a vederla. Fino a creare noi stessi e quello che vediamo”. 

“In realtà vediamo noi stessi, non facciamo altro che percepirci ogni istante della vita”.
“Gli altri siamo noi”.
“Ognuno di noi è la stessa razza umana”.
“Ognuno di noi può sterminarci o farci rinascere”.

“Dipende da te”, dice Coleman.

“Dipende solo da te”.

Il vecchio sta morendo nel suo letto d’ospedale mentre il tempo passa e lo spazio si restringe. Il vecchio muore e il tempo non esiste più ma lo spazio si dilata. Le gocce della sua flebo cadono a rallenty in un primo piano ravvicinato. L’’ultima goccia è rossa e si ferma a metà. Quando muore quella goccia si ferma e così si fermano tutte le lancette degli orologi.

Io mi muovo in macchina nel mio spazio tempo personale, ascolto l’ultimo album dei Low che distorce il rumore del suono. Le onde sonore variano come lo spazio. Corro con l’auto per raggiungere il vecchio.

Lo spazio si curva, è sempre stato curvo. E’ un’onda sonora e probabilmente non esiste. Mi lascio cullare dal dondolio di questa onda e arrivo dal mio vecchio.

Quando gli prendo la mano tutta l’essenza della vita è lì tra le dita e i palmi che si sfiorano. Non c’è nient’altro che ci possa aiutare a vivere. Nient’altro. 

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